Andiamo a visitare l’Azienda Agricola Pianta Grossa di Luciano Zoppo Ronzero, situata a Donnas in provincia di Aosta. Siamo a poche centinaia di metri dal confine con il Piemonte e con Carema, il paese al centro dell’omonima DOC, complementare a quella di Donnas.
Pianta Grossa deve il suo nome ad un gigantesco ippocastano di ben 400 anni che fino al 2009 era nel cortile della cascina. Era stato dichiarato pianta monumentale e, nonostante sia stato purtroppo abbattuto in seguito ad una malattia che lo aveva fatto seccare, resta ancora la targa posta dalla direzione foreste della Valle d’Aosta. Ma a tenere alto il ricordo di questo gigante scomparso di 7 metri per 2, c’è la cantina nata nel 2014 che lo omaggia con il suo nome.
I numeri del Nebbiolo della Valle d’Aosta
Se in Valle d’Aosta vengono prodotte circa 2 milioni di bottiglie l’anno divise fra 59 produttori, sono 200.000 circa quelle di Nebbiolo da dividere per solo 4 cantine (di cui 2 sono cooperative in realtà). Il Nebbiolo viene coltivato su una striscia lunga soltanto 22km, la DOC di Donnas è di 22 ettari, di cui Pianta Grossa ne possiede 4.
Siamo in una zona dove dal 1600 si coltivano le vigne in terrazzamenti, su un terreno di sabbia fine e rocce molto povero.
Le pergole del Donnas e di Carema
La prima cosa che salta agli occhi anche solo passando in macchina lungo l’autostrada della Valle d’Aosta sono le pergole dei vigneti sui terrazzamenti. Questo metodo di coltivazione tradizionale, detto a pergola alta valdostana, è usato ancora oggi e riesce a far esprimere al meglio le viti in questa zona, nonostante le ovvie difficoltà date dal terreno impervio (parliamo di una pendenza anche del 40-50%) e dell’attesa maggiore prima che una nuova pianta riesca a diventare produttiva (in genere di 5 anni, contro i 3 dei classici sistemi a cordone).
Mentre poche centinaia di metri accanto, a Carema, vengono utilizzate colonne di cemento molto scenografiche per sostenere le pergole, qui a Donnas si utilizza il semplice pilún, ma il concetto è lo stesso. La curiosità è che non c’è un’altezza standard per i filari, tanto che un tempo questa dipendeva semplicemente dall’altezza dei vignaioli.
L’Azienda Agricola Pianta Grossa
Pianta Grossa ha viti di età media tra i 40 e i 50 anni, in maggior parte Nebbiolo, il cui clone locale viene chiamato Picotendro (o Picoutener alla francese), con qualche pianta autoctona come il Neiret, il Vien de Nus e il Fumin, tutti vitigni tintori (che si usavano cioè per dare maggiore “colore” al Nebbiolo, di per sé non molto carico di antociani) e storicamente complementari al Nebbiolo.
Siamo a 350 metri di altezza minima, con esposizione a sud. Le vendemmie arrivano tardi da queste parti, variando da un minimo di metà ottobre fino a spingersi ai primi di dicembre in alcune annate.
Luciano ci porta a vedere le prime pergole sui terrazzamenti (anche perché chi ce la fa ad arrivare in cima?!) e ci racconta la storia dei suoi vini e della sua terra. Una storia molto interessante, con una carriera iniziata in tutt’altro settore e con un ritorno ai terreni di famiglia.
Biancone 2019
Tornati alle pendici dei vigneti, iniziamo la degustazione con un bianco, il Biancone 2019. È in realtà un’anteprima, non ancora in commercio. Si tratta di un vino 100% Erbaluce, vitigno piemontese che stava sparendo in zona, tanto da non avere una sua propria denominazione, ma che dati gli ottimi risultati sta ritornando piano piano.
Dopo 24 ore sulle bucce in acciaio e 6 giorni di criomacerazione prefermentativa, inizia la fermentazione e viene immediatamente messo in barrique per un anno.
Un vino bianco di grande struttura e acidità, ideale per essere accompagnato a preparazioni di pesce o carni bianche. Magari da provare anche con il sushi?
396 Nebbiolo 2019
Si passa poi al primo dei tre rossi della cantina, il 396 Nebbiolo Vallée d’Aoste DOC 2019. Composto al 95% da Nebbiolo con il restante 5% di altri vitigni autoctoni della zona, deve il suo nome e il design della sua etichetta proprio al grande ippocastano ormai scomparso. Una volta tagliato infatti, si sono contati ben 396 cerchi nel tronco, corrispondenti ad altrettanti anni. Cerchi che vengono riportati anche nel disegno dell’etichetta tonda. Voi riuscite a contarli tutti?
È un nebbiolo elevato solo in acciaio che effettua una criomacerazione prefermentativa di una settimana. Poi il mosto viene portato a 28° e vengono inoculati i lieviti selezionati. La fermentazione avviene poi lentamente e a temperatura controllata relativamente bassa, in modo da lasciare intatti i profumi del vino.
Naso succoso, sentori floreali di violetta e piccoli frutti rossi. Al palato il tannino è delicato, grandissima freschezza, eleganza e facilità di beva.
Dessus 2018
Si continua con un altro Nebbiolo Vallée d’Aoste DOC, il Dessus 2018, che significa “sopra”. Il nome deriva dalla località in cui sono i vigneti a 600 metri di altezza: Ronc de Vacca Dessú. Scriverlo per intero magari non sarebbe stato il massimo per un vino, per cui basta la versione abbreviata, che rende anche omaggio a chi deve arrivare fino all’ultimo filare in cima per prendersi cura della vigna.
In questo caso è un Nebbiolo 100%, anche qui si parte da una criomacerazione prefermentativa di circa 3 giorni. 40 giorni sulle bucce, affina poi 1 anno in tonneau.
La ’18 è stata un’annata difficile molto piovosa a maggio, ma anche tanto calda. Un buon 35% del raccolto è andato perduto. Si vede anche nel colore maggiormente concentrato, il naso è nettamente più scuro, inchiostrato. Si sentono le more, le prugne in confettura, note balsamiche e di liquirizia. In bocca è un vino rotondo, ma con il tannino del Nebbiolo sempre presente. Ritorna la speziatura e c’è corrispondenza con le note fruttate dell’olfatto.
Georgos 2017
Arriviamo al vino di punta di Pianta Grossa, il Georgos Vallée d’Aoste DOC Donnas 2017. Anzi scritto γεωργός come riportato in etichetta. Sempre Nebbiolo in purezza da una selezione negli stessi vigneti del Dessus, sono le ultime uve a vendemmiare, Luciano decide di lasciarle surmaturare leggermente.
Deve il suo nome a Giorgio, un signore molto affezionato alla sua terra da cui Luciano comprò le vigne e che guarda caso in greco significa “lavoratore della terra”.
La 2017 è stata un’annata precoce, con la vendemmia già ad inizio ottobre (una rarità per il Nebbiolo da queste parti). Effettua la stessa vinificazione del Dessus con l’unica differenza di utilizzare la macerazione a cappello sommerso per 60 giorni. Affina poi per due anni in botticelle da 600 e 750 litri.
Dalla 2019 il vino cambierà poi la lavorazione, con un 15% di uve lasciate proprio ad appassire.
Un naso incredibile, sentori che spaziano dai classici frutti rossi a note di tostatura di caffè, caramello, tabacco scuro. Liquirizia, note balsamiche, grandissima eleganza. All’assaggio c’è grande corrispondenza gusto olfattiva, si sentono bene le spezie, il tannino è morbido, la freschezza lo rende persistente ed invoglia a riberlo. Anche in Valle d’Aosta il Nebbiolo riesce a raggiungere livelli incredibili!
Una curiosità, il Georgos viene confezionato soltanto in bottiglie da 0,5 o da 1 litro, non esiste la classica 0,75.
La fine
Facendo scorta di vini da Luciano, scopriamo che anche il fantastico Georgos ha un difetto… quello di essere finito! Ma, rimanendo in tema, guardiamo il bicchiere mezzo pieno: vorrà dire che abbiamo una scusa per tornare!
Michele