Finalmente Ciro Picariello! Dopo essere passato un paio di volte in Irpinia senza esserci riuscito, riesco a visitare una delle mie cantine preferite di Fiano e Greco. Ci troviamo a Summonte, in provincia di Avellino, zona dal bellissimo paesaggio boschivo e collinare. Il toponimo latino, da sub monte, indica che la località è situata appunto alle pendici di un monte, il Partenio.
Azienda Agricola Ciro Picariello
L’Azienda Agricola Ciro Picariello nasce dall’iniziativa di Ciro e sua moglie Rita, con i primi vitigni impiantati nel 1992 e la prima annata da imbottigliatori autonomi nel 2004. I circa 11 ettari di vigneti sono a 500 e 600 metri sul livello del mare, in una zona come l’Irpinia favorita da una grande escursione termica. Pensate che in inverno nell’avellinese capita anche che ci sia neve a 300 metri. Partito con 1 solo ettaro agli inizi, Ciro Picariello è ora uno dei punti di riferimento del Fiano, ma non solo. Negli anni infatti si sono affiancati al vino di punta anche Greco, Falanghina e Aglianico.
L’Irpinia del vino
La zona al confine tra Salerno e Napoli beneficia di una grande influenza delle eruzioni passate del Vesuvio. Il terreno è infatti in prevalenza vulcanico, l’ideale per i noccioleti e per le viti. E pensare che storicamente ci fu una grandissima involuzione della produzione vinicola.
Se prima della guerra infatti l’Irpinia era tra i maggiori produttori di uva nell’Italia centromeridionale, nel dopoguerra, complice anche una tremenda invasione della fillossera, la maggior parte dei produttori si convertì a noccioleti. Le nocciole infatti avevano bisogno di meno cure, rendevano di più e una volta essiccate si potevano vendere anche l’anno successivo, non avevano “scadenze”. Il vino invece all’epoca veniva venduto principalmente sfuso sul mercato del napoletano, nessun produttore imbottigliava.
Per nostra fortuna però il vino è ritornato in questa zona estremamente vocata, anche se i noccioleti rappresentano ancora il 70% della coltivazione del territorio.
La visita e la degustazione
La signora Rita ci accompagna a vedere i vigneti e la nuova cantina. Con l’aumento degli ettari c’è infatti stato bisogno di espandersi. Abbiamo anche la fortuna di fare un paio di assaggi di Fiano direttamente dalle vasche in acciaio.
Ritorniamo verso la casa (ed ex cantina) dei Picariello, dove è di ritorno dai vigneti anche Ciro, che ci farà compagnia insieme a Rita durante la degustazione dei vini accompagnati da buonissimi formaggi e salumi locali.
Ciro ci racconta che in realtà questa sarebbe l’ora d‘a marenn’ (della merenda), uno spuntino mattutino da accompagnare al vino per chi andava nei campi. Spuntino per modo di dire poi, perché si trattava di uova strapazzate fritte con la salsiccia, oppure di patate “a zuppa” (con il sugo). Non avremmo certamente disdegnato il pasto, ma meglio restare più sul classico tagliere per poter apprezzare al meglio i vini.
Falanghina BruEmm 2019
Iniziamo la degustazione con un calice di BruEmm, un Campania Falanghina IGP del 2019. Il nome viene da Bruno ed Emma, i due figli di casa Picariello che lavorano entrambi per l’azienda, rispettivamente come enologo e responsabile amministrativo e all’accoglienza. Un naso subito sorprendente per questa Falanghina 100%: è sì profumato come lo sono i vini prodotti con quest’uva, ma i sentori sono decisamente più complessi. Si spazia dalla frutta bianca come mela e pera, a note agrumate, quasi erbacee, bei fiori bianchi e miele. Ciro ci spiega che il vino resta fermo a lungo sulle fecce fini ed è per questo che i sentori primari vengono nettamente attenuati e il naso, che spinge più sui profumi secondari, risulta di maggiore complessità.
All’assaggio abbiamo la conferma che non si tratta davvero della “solita Falanghina da aperitivino”. La sua struttura e i suoi 13.5% infatti la rendono perfetta per l’abbinamento con una pasta con i frutti di mare o, per l’inverno, con una zuppa di funghi.
Greco 2019
Ed eccoci al Greco di Tufo DOP 2019, vinificato in purezza e affinato per 8 mesi in acciaio prima di essere imbottigliato. Un naso di impatto, subito intrigante: fiori carnosi, lavanda, frutta matura, magari mele cotogne, buccia di arancia, miele. All’assaggio ritornano gli stessi sentori accompagnati da mineralità e da un piacevole finale ammandorlato. Si sente già molto l’influenza di questi terreni di origine vulcanica, grande ricchezza dell’Irpinia del vino (e non solo).
Fiano 2020
Il prodotto simbolo di Ciro Picariello è sicuramente il Fiano di Avellino DOP, di cui assaggiamo la 2020 appena imbottigliata. Quasi un peccato berla così presto, date le grandissime capacità evolutive, ma già possiamo farci un’idea di come sarà da grande. Ultima uva ad essere vendemmiata dopo Falanghina e Greco, effettua una lenta fermentazione a temperatura controllata e poi affina per almeno 10 mesi in acciaio.
Esuberante al naso, ma con grande eleganza. Sentori minerali, di pietra focaia, fiori bianchi, erbe aromatiche. All’assaggio grande complessità e persistenza. La freschezza e la sapidità lo rendono piacevole da bere e ideale per abbinamenti di vario tipo: dai crostacei alla pasta, dal pesce al forno al pollame.
Spumante Brut Contadino 2018
Per finire con i bianchi, assaggiamo un vino che ho spesso rincorso ma mai trovato in enoteca, lo Spumante Brut Contadino a base 100% Fiano. Fermentazione spontanea e affinamento di 18-24 mesi sui lieviti. Ne esistono due versioni, quella filtrata e quella non filtrata. Noi proviamo la versione con le fecce, proveniente dall’annata 2018.
Note fragranti al naso, di panificazione e di mela matura. In bocca grande acidità e mineralità, un abbinamento perfetto con la mozzarella che ci viene offerta dalla signora Rita.
Aglianico
Finiamo la degustazione con un rosso, l’Aglianico. In realtà è un fuori programma, perché assaggiamo quella che sarà la futura nuova versione del vino rosso dell’azienda. Se infatti fino ad oggi lo Zì Filicella Irpinia Aglianico DOP (nome che omaggia Felicia, la madre di Rita) effettuava un affinamento di 24 mesi solo in acciaio dopo essere stato 15 giorni sulle bucce, ora Ciro Picariello sta cambiando sistema, introducendo un passaggio in legno grande. Assaggiamo quindi un campione prelevato durante l’ultimo travaso. Sentori di frutta matura, minerali, confettura e ciliegia sotto spirito, tabacco. Morbido in bocca, subito pronto da bere, non ha il tannino aggressivo che ci saremmo aspettati in questo vino a base Aglianico.
L’Aglianico di Ciro Picariello proviene infatti da un clone molto vecchio, che ha l’acino più piccolo e il grappolo spargolo. Come caratteristica ha una tannicità più contenuta e una resa produttiva nettamente più bassa. Negli anni era stato un po’ abbandonato per cloni che producevano molto di più (chicchi più grandi e in maggiore quantità sul grappolo), ma adesso c’è un parziale ritorno alle origini, dovuto anche al fatto che un grappolo spargolo produce sì di meno, ma evita più facilmente marciumi e attacchi di muffe.
Ciro 906 e la nuova struttura
Non facciamo in tempo ad assaggiare anche il Ciro 906, il Fiano di Avellino DOP proveniente dalle migliori uve dei primi vitigni impiantati. Però ne abbiamo fatto scorta e avremo così modo di provarlo in futuro accanto al suo fratello minore.
Salutiamo Ciro Picariello e sua moglie Rita, sperando di tornare presto per vedere ultimate la nuova sala degustazione e la bellissima terrazza sulle vigne, oltre che per assaggiare le nuove annate di questa eccellente realtà dell’Irpinia.
Michele