La Mosella è sicuramente nella top 5 delle mete da sogno estere per un sommelier italiano. Cogliamo allora l’occasione di un weekend lungo di ottobre dello scorso anno e partiamo alla scoperta di questa affascinante regione della Germania centro-occidentale. Tappa obbligata l’azienda Karthäuserhof, situata a 10km da Treviri (Trier), bellissima città di origine romana nota per essere una delle capitali del vino della zona e per aver dato i natali a Karl Marx.
La Mosella
La regione vinicola della Mosella, vicina al confine con Lussemburgo e Francia, prende il nome dall’omonimo fiume Mosel, con le caratteristiche anse molto alte e ripide ricoperte da vigneti. È nota in tutto il mondo per la produzione del Riesling (renano ovviamente) a cui in media riesce a dare caratteristiche di mineralità e longevità come da nessuna altra parte del mondo.
Karthäuserhof: Riesling e Pinot Bianco
Un’azienda storica, fondata nel 1335 dai monaci Certosini e immersa in un panorama da favola. Qui, come quasi ovunque in Mosella, si coltiva prevalentemente Riesling e un po’ di Pinot Bianco (Weissburgunder in tedesco), piantato nella fascia inferiore delle colline vitate.
La storica etichetta
A livello estetico, quello che rende inconfondibile Karthäuserhof sono le bottiglie dal bellissimo colore blu e soprattutto la famosa etichetta unica a fascia posta sul collo allungato della bottiglia renana. La leggenda narra che circa 120 anni fa il proprietario Karl Wilhelm Rautenstrauch fosse solito guardare le corse di cavalli gustandosi i suoi vini tenuti in fresco in un torrente che passava dalla sua tenuta. L’acqua del fiumiciattolo rovinava però le normali etichette poste in basso, rendendo così difficile riconoscere le bottiglie una dall’altra. Escogitò quindi di far apporre le etichette solo sul collo della bottiglia, in modo che fossero fuori dall’acqua e facili da leggere. L’intuizione fu talmente apprezzata, che tuttora è il segno distintivo dell’azienda.
La visita tra salici e viti
Passeggiamo per la tenuta, guardando affascinati dal basso i vigneti coltivati in pendenza. Siamo in periodo di vendemmia, gli esperti si aggirano tra i filari verificando gli acini e soprattutto tenendo d’occhio il cielo per eventuali piogge.
Entriamo a visitare la cantina, dove troviamo accumulati diversi pallet di casse di vino destinate agli Stati Uniti in attesa di conoscere l’esito della trattativa di Trump con l’Europa sui dazi per l’importazione (siamo ancora ad ottobre come si diceva, il COVID-19 non aveva ancora stravolto il mondo). La sala degustazioni è splendida, sembra di essere tornati indietro nel tempo, tra maioliche antiche e vetrate decorate.
La degustazione del Riesling dal secco al dolce
Passiamo quindi ad assaggiare i vini, tutti rispondenti al minimo comun denominatore della Mosella, la mineralità, e con il caratteristico marchio di fabbrica dell’acidità e freschezza che ha reso grande questa azienda. Assaggiamo ben 12 bottiglie, testando sia il sorprendente Pinot Bianco che una vasta selezione di Riesling: dall’annata in commercio del Trocken (secco, senza o con pochissimo residuo zuccherino), ad annate precedenti, da cru di vecchie vigne, a versioni Kabinett, Spätlese e Auslese (con residuo zuccherino crescente). Menzione speciale ai GG, Großes Gewächs, letteralmente “grandi piante”, vini prodotti con le uve delle migliori parcelle.
I diversi gradi di residuo zuccherino
Sicuramente un’esperienza ricca di fascino, soprattutto per noi italiani maggiormente abituati a bere vini alle due estremità dello spettro di dolcezza e ben poco avvezzi alle categorie intermedie (da noi i termini abboccato e amabile usate per definirle, sono quasi dispregiativi). Peccato, perché i vini con residuo zuccherino intermedio sono invece molto utili nell’abbinamento con molte pietanze di pesce e con certe cucine che amano l’agrodolce, come ad esempio quella asiatica.
Michele