Inutile negare che questo Natale e Capodanno siano stati diversi dagli altri anni. Sicuramente i festeggiamenti sono stati in forma ridotta, ma forse anche per questo tutti noi abbiamo avuto l’occasione di puntare più sulla qualità che sulla quantità delle bottiglie stappate. Certo sui social network compaiono ancora troppi brindisi con vini di scarsa qualità ma costosi o con vini pregiati nei bicchieri di carta, ma per fortuna la cultura del vino è sempre più diffusa.
Noi di A Piede Franco abbiamo deciso di raccontarvi una bottiglia a testa fra quelle che abbiamo bevuto in questi giorni, sperando possa esservi di ispirazione per le prossime occasioni.
Müller Thurgau 2018 Garlider – il vino di Andrea
Era da qualche giorno che volevo trovare l’occasione per aprire questa bottiglia, in quanto la 2015 assaggiata un paio di anni fa mi aveva positivamente impressionato. E devo dire che il Müller Thurgau di Garlider annata 2018, l’attuale in commercio, la sera di San Silvestro non mi ha deluso!
Ci troviamo a Velturno, in piena Valle Isarco, dove il giovane viticoltore e cantiniere Christian Kerschbaumer produce, assieme alla famiglia, quelli che vengono considerati tra i più eleganti vini bianchi di questa zona pedemontana, su una superficie vitata di circa 4 ettari, in biologico e con utilizzo di lieviti autoctoni.
Appena aperto e versato nel bicchiere, il vino regala subito le sue note intense di aromaticità e di freschezza, dove un piacevole sentore erbaceo accompagna una vena minerale che ci chiede subito l’ accompagnamento ad un piatto di pesce. E infatti il menù prevede uno spaghetto con sugo a base di calamari e gamberi, con una spruzzata di prezzemolo che ben si sposa alla spiccata nota aromatica del vino, mentre la sua acidità ben contrasta le note dolci del pesce.
Il vino ha piacevolmente accarezzato anche l’orata al sale cucinata per secondo, grazie ad un corredo di erbe aromatiche in cottura che hanno regalato al piatto la piacevole nota che ritroviamo rafforzata nel bicchiere, una volta scaldatosi.
Riesling Uhlen Laubach Reserve 2011 V.D.P. Grosse Lage della cantina Heymann-Löwenstein – il vino di Cesare
Per il cenone di San Silvestro ho aperto finalmente il Riesling Uhlen Laubach Reserve 2011 V.D.P. Grosse Lage della cantina Heymann-Löwenstein acquistato in Mosella durante un viaggio enologico di qualche anno fa. Mi sembrava l’occasione giusta per aprire un Riesling riserva 2011, dieci anni dopo la vendemmia.
Si dice che questo vino dopo dieci anni raggiunga il massimo della complessità aromatica, per questo motivo ho aspettato il 2021 per aprirlo, e credetemi è stata dura tenerlo in cantina. Ci troviamo a Winningen Lungo la Mosella, in un territorio molto vocato e di lunghissima tradizione per la coltivazione della vite, dove questo vitigno si esalta grazie al terroir. L’ardesia qui la fa da padrona, in un suolo con una notevole componente calcarea, il che dà spessore, eleganza, mineralità e molto altro ai vini. La bottiglia che ho aperto in particolare ha anche dieci anni alle spalle, cosa che ne aumenta la ricchezza.
Si presenta nel calice di un colore giallo oro luminoso, al naso si apprezza la complessità olfattiva con sentori di frutta gialla matura, gli idrocarburi immancabili nel Riesling, note agrumate e minerali, e poi ancora zafferano, camomilla, erbe aromatiche e chi più ne ha più ne metta. In bocca è molto fresco e minerale, “saporoso”, intenso ed estremamente persistente, con un leggero residuo zuccherino. Vino di grandissima eleganza ed equilibrio, di straordinaria personalità e complessità. L’abbinamento che mi viene in mente non può essere che con formaggi erborinati.
Caroline 2017 Pranzegg – il vino di Davide
Ho deciso di aprire il Caroline 2017 di Pranzegg la sera della vigilia di Natale perché mi serviva un vino che si abbinasse con piatti elaborati di pesce e che non fosse il solito bianco fresco e citrino. Il Caroline lo avevo già degustato proprio in occasione della visita in cantina l’estate scorsa ed ha confermato in pieno il suo carattere.
Viticoltura biologica nella quale vengono utilizzati solamente preparati biodinamici e microorganismi effettivi, su un terreno composto da argilla e sabbia di provenienza vulcanica e morenica (porfido, basalto e granito) molto profondo e sciolto.
Si tratta di un interessante quanto originale assemblaggio di 4 vitigni a bacca bianca: 35% di Sauvignon Blanc, 35% di Chardonnay, 15% di Viognier, 15% di Manzoni B.
È una bottiglia di grande personalità e complessità: i quattro vitigni contribuiscono con le loro peculiarità e si fondono in questo bianco ricco ed elegante.
Vinificazione: il 60% fermenta per 12 giorni con le bucce all’interno di mastelli; il restante 40% del mosto macerato fermenta in botti grandi di rovere.
Affinamento: il vino matura 10 mesi sulle fecce di fermentazione in botti grandi, più altri 11 mesi sulle fecce fini in cemento e tonneaux usati.
All’analisi visiva è di un bel giallo dorato con riflessi ocra; all’olfattiva è intenso nei suoi profumi di frutta gialla (pesca), frutta esotica e candita. Si percepiscono anche spezie e una nota iodata molto piacevole. Alla gustativa è un vino intenso, pieno e avvolgente che mantiene comunque una sua eleganza grazie alla grande spalla acida e alla lunga persistenza sapida.
Abbinamenti consigliati: io l’ho abbinato a tartare di tonno e ad una pasta di acciughe, bottarga e pachino, ma sta benissimo anche con formaggi stagionati e con alcuni erborinati.
Taurasi 2009 Borgodangelo – Dolcetto d’Alba Barturot 2017 – il vino di Lea
Quest’anno, un po’ nostalgica della mia terra, ho deciso di preparare per il giorno di Natale un pranzo tipico calabrese, ma optando per degli abbinamenti di regioni diverse.
Come antipasto ho puntato su vari formaggi stagionati, gelatina di maiale, insaccati tipici, carciofini, della mortadella con pistacchi al forno, fette di cotto panate e della burrata.
Ho deciso di abbinare un Dolcetto d’Alba DOC Cà Viola del 2017, precisamente il Barturot uno dei vigneti storici dell’azienda risalente ai primi anni 90’. Fermenta 15 giorni in vasche d’acciaio per poi affinare 10 mesi in botti grandi. Dal colore rosso rubino violaceo, al naso si sente subito un bouquet complesso di fiori e frutti rossi, soprattutto amarena che ritroviamo in bocca. Il vino è di buon corpo, persistente, lungo e armonico. Il Dolcetto si è abbinato molto bene anche al primo piatto, la pasta “china” tipica pasta al forno calabrese, rigatoni al sugo con soppressata, uova sode, provola silana e polpettine.
Di secondo ho preparato del cinghiale al sugo, precedentemente cucinato nella pentola a pressione e marinato con vino e spezie. Per questo piatto un po’ più di corpo ho deciso di abbinare un Taurasi DOCG 2009 di Borgodangelo, ottenuto in purezza da uve Aglianico. Macera 15 giorni in botti di acciaio e affina oltre 15 mesi in tonneaux di rovere. Dal colore rosso rubino intenso con riflessi violacei, al naso è speziato con sentori di frutta rossa matura, in bocca è un vino di grande struttura, opulenza con un tannino setoso e avvolgente, tipico dell’Aglianico.
Barolo 2012 Oddero – il vino di Michele
Invece di puntare sulle classiche bollicine, per la cena di San Silvestro ho preferito stappare un grande rosso e incentrare il menu sul Barolo DOCG 2012 di Oddero.
Dopo la vendemmia, le uve provenienti da tre vigneti situati nel comune di Castiglione Falletto (Cuneo) vengono spremute e i vini ottenuti vengono fatti fermentare e affinare separatamente in botti grandi per 30 mesi prima di essere assemblati e imbottigliati. Mettendo il naso nel bicchiere è subito impressionante l’eleganza e l’equilibrio di questo vino. L’austerità classica del Barolo è piacevolmente accompagnata da profumi di grande intensità di liquirizia, violetta, spezie e note eteree. All’assaggio il vino è perfettamente corrispondente ai sentori appena descritti, con un tannino ovviamente presente ma setoso e delicato. È il momento giusto per iniziare a bere la 2012, mentre probabilmente prima sarebbe stato troppo presto.
Abbinamento: volevo provare una ricetta nuova, qualcosa di sostanzioso per tenere il Barolo, ma che non fosse un brasato. Ho preparato allora un filetto alla Wellington, cioè prima scottato in padella e poi cotto in forno avvolto nel prosciutto crudo, crema di fave (nella ricetta originale ci sarebbero i funghi) e in crosta di pasta brisé. Ottimo l’accostamento, i tannini asciugano la succulenza del filetto ancora rosato e al sangue, le note speziate e la mineralità del vino si sposano perfettamente con la dolcezza e aromaticità della crema di fave.
Dom Pérignon 2008 Vintage – il vino di Silvia e Claudio
Per la vigilia di Capodanno abbiamo deciso di aprire uno Champagne, per lasciarci alle spalle questo nefasto 2020 con un ultimo ricordo felice.
La scelta è ricaduta sul Dom Pérignon 2008 Vintage. Poco tempo fa ne abbiamo infatti acquistate 2 bottiglie da degustare durante le vacanze natalizie.
Ci troviamo in Francia nella regione della Champagne dove da più di 300 anni questo prodotto è perfezionato, più precisamente nella zona della Vallée de la Marne. È qui che Moëet & Chandon crea dalle migliori uve selezionate in una singola annata questo fantastico millesimato che dopo un’elaborazione di almeno 8 anni può accompagnarci sulle nostre tavole.
La composizione è al 50% da Chardonnay che dona finezza e morbidezza e al 50% da Pinot Noir che conferisce allo Champagne struttura e profumi più complessi.
Una volta versato il vino, possiamo ammirare una spiccata brillantezza, le catenelle di bollicine di anidride carbonica, vivacizzano profumi, sapori e salgono incessantemente nel bicchiere. Sembrano anticipare di un paio d’ore lo spettacolo che ammireremo in cielo allo scoccare della mezzanotte. La vera scoperta è il profumo intenso con un bouquet ampio di eccellente qualità che racconta una buona annata. Note più morbide e fragranti, come il burro fuso e la crosta di pane appena sfornato, si susseguono a note più fresche e audaci di fiori bianchi e agrumi, con un finale tostato e minerale come le nocciole e il terreno bianco che caratterizza la Champagne.
Al gusto si esalta la raffinatezza dell’olfattiva con un sorso pieno, avvolgente e cremoso. Armonico, con grande struttura, ci lascia presagire un ottimo affinamento in un tempo prossimo, in conclusione P-E-R-F-E-T-T-O!
Chissà quante altre emozioni ci regalerà la bottiglia gemella che dopo questa degustazione abbiamo deciso di lasciar riposare in cantina convinti che potrà regalarci nuove scoperte.
Buoni propositi per il 2021
Come buoni propositi per il nuovo anno, noi tutti di A Piede Franco ci impegniamo a raccontarvi ancora i nostri vini del cuore, visite in cantina ed esperimenti con abbinamenti in cucina. Vi auguriamo un buon 2021, sperando sia un anno di grandi soddisfazioni e grandi vini per tutti!
Andrea, Cesare, Claudio, Davide, Lea, Michele e Silvia