Continua il nostro tour sull’Etna e questa volta siamo a Milo (Catania) da I Vigneri di Salvo Foti. Ci troviamo sul versante orientale del vulcano, unico comune dove è possibile produrre la versione Superiore dell’Etna Bianco DOC, utilizzando da disciplinare almeno l’80% di Carricante. Una sottozona piuttosto diversa dalle altre, con un terroir unico, dove le vigne sono bagnate da circa 90-95 giorni di pioggia l’anno.
Di unico c’è anche Salvo Foti, uno dei pilastri del rilancio dell’Etna. Ci accoglie osservando che quando si va in una cantina bisogna chiedere subito 3 cose al produttore: quante bottiglie fai? Quante viti hai? Fammi vedere le vigne. Se i numeri non tornano e se i vigneti non corrispondono a quello che la natura e il territorio specifico richiedono, sei nell’azienda sbagliata.
I Vigneri di Salvo Foti
La storia de I Vigneri è una delle tante di famiglie dedite alla viticoltura sulle pendici dell’Etna da generazioni, ma una delle poche a lieto fine. Il nostro anfitrione ci racconta che nella seconda metà del ‘900 infatti tutto il territorio subisce una profonda crisi, quando il ministero dell’agricoltura fa chiudere i palmenti (l’equivalente enologico diffuso sull’Etna del frantoio per le olive) per cercare di regolarizzare la vendita del vino nella zona.
Il provvedimento però non tiene conto dei piccoli produttori e del carattere famigliare e di autosostentamento di questa realtà e provoca un’ondata di abbandono delle vigne e depressione rurale. Ad oggi oltre il 90% dei palmenti etnei sono ormai in rovina (e chi li ha recuperati probabilmente non sa più utilizzarli nel modo giusto).
Il papà è costretto a emigrare in Svizzera e anche Salvo è sul punto di farlo, ma la Fortuna (o Bacco forse) interviene, Foti crede fortemente nel territorio e nel suo vino, e inizia così la fortunata storia di questa azienda.
Un consorzio, una famiglia o una comunità?
Si potrebbe descrivere il consorzio dei Vigneri come una famiglia più che un’azienda. Ma forse neppure questa definizione coglie appieno il legame tra le persone e il territorio.
Per fare un esempio, solitamente nelle cantine si assumono aiutanti aggiuntivi soltanto per il periodo della vendemmia per bilanciare la maggiore mole di lavoro. Ai Vigneri il personale è invece impiegato tutto l’anno, non solo perché ormai le risorse che sanno valorizzare la coltivazione delle vigne ad alberello sono ormai pochissime, ma anche per garantire stabilità economica a tutte le famiglie coinvolte.
Tutti coloro che lavorano a questo progetto, infatti, non sono impegnati soltanto nelle attività classiche della viticoltura, ma durante i periodi in cui le cure alle vigne sono meno necessarie si concentrano sulla manutenzione e valorizzazione della zona: dalla costruzione dei tradizionali muretti a secco nei vigneti che impediscono lo smottamento dei terreni, alla risistemazione di strade e alla ristrutturazione del palmento.
Insomma, più che una famiglia è una comunità con un rapporto simbiotico con la tradizione, la storia e la natura del luogo, tanto da aver sviluppato una lingua a sé stante (un gergo), che solo i Vigneri possono capire.
Le vigne sul ripiddu dell’Etna
Iniziamo la nostra visita passeggiando tra le vigne. Siamo a 800 metri sul livello del mare, Carricante, Minnella e altri vitigni autoctoni minori tutti intorno. Camminando sentiamo le scarpe scricchiolare sul terreno. Salvo ci racconta che nonostante tutto il territorio etneo sia ricco di ceneri e minerali vulcanici, solo in questa zona il terreno sia ricoperto da ripiddu, il nome siciliano di questi sassolini che in realtà sono olivine con presenza di magnesio di silicio e ferro.
Circa il 50% delle vigne sono a piede franco, cioè non hanno come portainnesto la radice della vite americana, dato che in passato il rischio fillossera fu fortemente attenuato per la speciale composizione sabbiosa dei terreni vulcanici, che riesce a tenere lontano lo sciagurato insetto sterminatore di vigneti.
Biodiversità in vigna
La passeggiata è oltremodo piacevole. Oltre al panorama di viti con lo sfondo del mare, ci accorgiamo della grandissima quantità di altre piante che crescono tra i filari coltivati in regime biologico. Piante aromatiche come rosmarino, salvia, mentuccia e satra (il timo selvatico). Poi fiori come la malva, le ginestre italiche e quelle etnee autoctone, la santolina, alberelli di mela gelato cola e tante altre piante. Il rispetto della natura è fondamentale per i Vigneri ed evidente anche nei dettagli come l’utilizzo di fibre naturali in luogo della plastica per legare le piante ai pali di castagno.
La biodiversità al centro di tutto, nonostante tutte le difficoltà pratiche ed economiche. Basti pensare che mantenere i vigneti de I Vigneri richiede circa 200 giornate lavorative, contro le 60/70 necessarie in quelli gestiti in maniera meccanizzata. Tutto questo è inoltre osteggiato a livello legislativo, con i fondi pubblici che ricompensano maggiormente quest’ultima tipologia di agricoltura, rispetto a quella sostenibile.
Aurora 2019
Con vista sui vigneti iniziamo la nostra degustazione con l’Aurora 2019, prodotto in contrada Caselle a Milo e composto in grande maggioranza da Carricante con una piccola percentuale di Minnella e affinato in acciaio e botte grande.
Prende il nome da una farfalla della zona, l’Aurora Etnea (Anthocharis Damone), il cui esemplare maschio presenta ali giallo limone con delle grandi macchie arancioni che richiamano i colori dell’alba. Si tratta di una specie a rischio estinzione che viene studiata e monitorata al fine di salvaguardarla (trovate maggiori informazioni riguardo al progetto sul sito della Casa delle Farfalle di Monteserra).
Bellissimo colore quasi dorato per questo vino, al naso affascinanti profumi di frutta a polpa bianca e tropicale, agrumi dolci che poi ritroviamo molto piacevolmente anche in bocca. Ovviamente grande mineralità e un buon corpo, l’ideale per sperimentare abbinamenti culinari.
Vinudilice 2019
Si prosegue con il Vinudilice 2019, un rosato proveniente dai vigneti situati sul versante est del vulcano, a quota 1200 metri. Non solo una rarità geografica (quasi nessuno possiede parcelle in quella zona), ma anche la vigna più alta dell’Etna. È composto prevalentemente da Minnella Nera, Granache, Grecanico e altri vitigni (“che non ricordo neanche più cosa sono” ci dice Salvo). La cosa certa è che non c’è Nerello Mascalese, spesso prevalente nei rosé etnei. Prende il nome dal boschetto di lecci (in latino Quercus Ilex, Ilice in siciliano) accanto al quale è situata la vigna Bosco.
Al naso mele mature, la sorba dell’Etna (una specie di piccola mela acidula appartenente alla famiglia delle rosacee), sentori non banali di rosa, bacche rosse non troppo dolciastre. In bocca, oltre al ritorno dei frutti rossi, colpisce la lunga acidità che lo rende estremamente bevibile e piacevole.
A seconda delle annate questo rosato viene prodotto anche in versione spumante. Purtroppo, la ’19 non rientrava fra queste (avremo una scusa per tornare).
Il vino fatto nel Palmento e il rosso I Vigneri 2019
Il Nerello Mascalese è generalmente ritenuto un vitigno che produce uva con poca carica antocianica e che conseguentemente dà vini dal colore piuttosto scarico. Secondo Foti è soltanto una questione di saper lavorare l’uva nel modo corretto invece.
I Vigneri, vino rosso tradizionale dell’Etna, viene infatti interamente lavorato nel palmento (“il palmento sta all’Etna come l’anfora ai georgiani”), dove le uve Nerello Mascalese e Cappuccio non diraspate vengono pigiate con i piedi in una vasca in pietra. Dopodiché tutta la massa viene spostata in un’altra vasca sottostante a macerare 8 giorni su una superficie bassa e piatta. Così facendo c’è infatti una maggiore quantità di vino a diretto contatto con le bucce e il colore estratto risulterà più concentrato rispetto a vini che fanno la macerazione in tini verticali.
Un vino fatto come una volta quindi, che effettua anche un passaggio in giare di terracotta interrate. Su YouTube si trova un video dell’intero procedimento, inclusa la successiva pressa delle vinacce che serve per produrre un vino che i partecipanti alla vendemmia possono portare a casa come ricompensa aggiuntiva per le loro fatiche.
Nel bicchiere I Vigneri 2019 si presenta con un rosso vivace e intrigante, sentori delicati di lampone, ribes, ciliegie croccanti. La nota fumé della cenere come filo conduttore. In bocca un tannino setoso e delicato ci invita a berlo a più riprese, aiutato da una grande freschezza ed eleganza.
La battuta è scontata, ma tra tanti vini dozzinali della grande distribuzione fatti metaforicamente con i piedi, è una gioia poterne bere uno eccezionale che con i piedi è fatto veramente.
Abbinamenti di cuore
Una visita non convenzionale da come avrete capito, così come lo è il grande Salvo Foti. Prima di salutarlo, assaggiando l’ultimo vino gli chiediamo cosa ci si potrebbe abbinare: risposta mai banale, “la buona compagnia”.
Altre tappe dell’Etna Tour 2020
Michele
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