Eccomi a raccontare un weekend passato in un luogo tra i più prolifici d’Italia a livello vinicolo, che regala bottiglie che hanno fatto la nostra storia all’estero, e dove il verde delle colline la fa da padrone….il Chiantigiano. Qui la storia delle varie DOC e DOCG, ben due, potrebbe portare a pagine e pagine di racconti su cambiamenti e diatribe, ma una zona credo metta tutti quanti d’accordo: il Chianti Classico. A proposito, avete letto l’articolo del nostro Michele su Badia a Coltibuono? Lo trovare qui.
È da tempo che ho voglia di tornare a percorrere quei tornanti di strade sali e scendi che dall’uscita del casello di Valdarno o Valdichiana portano a tre dei comuni che costituiscono il cuore della DOCG: Gaiole in Chianti, Radda in Chianti e Castellina in Chianti.
E proprio a Gaiole in Chianti abbiamo appuntamento per la visita alla cantina Rocca di Castagnoli, situata in un borgo che svetta dal cuore del Chianti, già noto agli Etruschi, circondato da vigneti, oliveti e boschi (d’altronde qui, oltre a ottimi vini, si produce anche un olio tra i più pregiati d’Italia). Qui i paesaggi meravigliosi che si possono ammirare hanno stregato famiglie illustri del Granducato di Toscana come i Piccolomini, i Tempi e i Ricasoli.
In cammino verso la cantina
Già la strada che ci porta alla cantina ci mostra come le vigne siano una cartolina costante in questo paesaggio, in quanto gli appezzamenti dell’azienda ci accompagnano per tutta la salita che dal paese di Gaiole ci porta alla Rocca, e ci raccontano come il galestro e l’alberese siano le tipologie di terreno predominanti, mentre il sistema di allevamento utilizzato è sia il cordone speronato che il Guyot.
Appena arrivati ci accoglie Andrea, che ci fa accomodare e ci racconta come la cantina sia nata nel 1730, e sia stata rilevata dall’attuale proprietà, la famiglia Calì, tenutaria anche di Graffetta in Sicilia e Poggio Maestrino in Maremma, nel 1981. Sono 92 gli ettari totali, divisi tra i 72 di vite, a prevalenza Sangiovese, e i 20 di olivi, per una produzione annua che spazia dal Chianti Classico al Riserva, per arrivare alla Gran Selezione, sconfinando anche nell’IGT Toscana a base Cabernet Sauvignon e Merlot, nonché un bianco 100% Chardonnay, il Molino delle Balze.
La visita che precede la degustazione ci porta ad ammirare come le cantine della rocca siano state adattate a bottaia, dove troviamo i tonneaux utilizzati per la vinificazione e l’invecchiamento del Sangiovese atto a divenire Chianti Classico DOCG, mentre nelle barriques vengono invecchiati Cabernet Sauvignon e Merlot, che verranno utilizzati per i Supertuscans prodotti dall’azienda. Tutti i legni di rovere utilizzati per i tonneaux e le barriques provengono dalla regione di Alliers in Francia, e dalla Slavonia.
Andrea ci mostra anche alcune vasche di cemento ed anfore in ceramica che vengono utilizzate per la linea aziendale Tempi, una selezione speciale dove il legno viene usato solo per la vinificazione del Tempi Chianti Classico (che comunque poi passa 24 mesi di affinamento in anfora prima e in vasca poi), mentre l’Orange Nottetempi viene interamente vinificato e affinato in vasca di cemento.
Passiamo ora alla degustazione!
I vini che Andrea ci propone sono quattro, due Chianti Classico e due Supertuscans.
Iniziamo subito in grande con il Chianti Classico Riserva DOCG 2016 Poggio a’ Frati, un Sangiovese 95% e 5% Canaiolo, affinato per almeno 15 mesi in botti grandi chiantigiane e poi tonneaux, per passare quindi 6 mesi in acciaio e il successivo anno in bottiglia, prima dell’uscita in commercio.
Alla vista limpido e di un bel colore rosso rubino, al naso ci racconta il terreno caratteristico della zona, con un frutto rosso croccante che regala note minerali con una punta di balsamicità, per una pulizia e un’eleganza che ci invogliano a passare subito all’assaggio. E infatti in bocca è fresco e di pronta beva, con una bella acidità che si accompagna ad un tannino presente ma non invasivo, ingentilito dall’uso ben bilanciato del legno. È un vino che si potrebbe benissimo accompagnare ad un tagliere di salumi e formaggi, tipico della zona.
Aumenta la struttura del vino quando passiamo al Chianti Classico Gran Selezione 2016 Stielle, 100% Sangiovese raccolto da uno dei cru dell’azienda, affinato almeno 18 mesi tra tonneaux e botti chiantigiane, per essere poi assemblato in botte grande e passare altri 4 mesi di maturazione, prima di fare i successivi 12 mesi in bottiglia.
Nel bicchiere troviamo un colore rosso più scuro, limpido, mentre il naso è sempre molto fine ed elegante, ma più profondo, con un frutto che passa dalla ciliegia del precedente vino all’amarena, più confettura e meno croccantezza, accompagnato da noti fungine e di sottobosco, con una piacevole speziatura. In bocca percepiamo un tannino più evidente e scalpitante, che racconta tutto il carattere del Sangiovese. È un vino che chiama i piatti a base di cacciagione, come il delizioso spezzatino di cinghiale che avrò modo di mangiare successivamente a pranzo all’Osteria Al Ponte di Gaiole (da provare per chi fa tappa in questo comune!).
È interessante come Andrea ci racconti che fino al 2013 la denominazione Gran Selezione non fosse ammessa nel disciplinare della DOCG, e pertanto tutte le bottiglie di Stielle fino a quell’annata siano uscite come Toscana IGT, nonostante le uve provenissero dallo stesso cru, con la stessa metodologia di selezione e vinificazione (come la 2009 che ho, senza pensarci troppo, acquistato).
Passiamo ora ai due successivi vini, i Supertuscans Buriano e Le Pratola, entrambi Toscana IGT.
Il primo è un Cabernet Sauvignon 100%, affinato almeno 18 mesi in barriques di vari passaggi, per passare poi 6 mesi in acciaio e i successivi 12 in bottiglia. Il Buriano 2013 ci regala inizialmente le note vegetali tipiche del vitigno, con una punta di peperone al naso, per poi passare alle note di frutta rossa scura e di spezie, che anticipano un palato pieno, dove i tannini sono eleganti e avvolgenti.
Il Le Pratola 2013, invece, è un Merlot 100% che presenta lo stesso affinamento del Buriano (almeno 18 mesi in barriques, i successivi 6 in acciaio, poi un anno di bottiglia), che regala una bella amarena al naso e in bocca, rotondo, evoluto e di bella beva, con una lunga persistenza finale.
Alla fine della degustazione, dopo aver acquistato alcune delle bottiglie che abbiamo maggiormente apprezzato, e anche il Molino delle Balze che personalmente sono curioso di provare (uno Chardonnay allevato sul terreno minerale tipico della zona del Chianti, potrebbe regalare sorprese…), salutiamo Andrea con il piacere di aver assaggiato vini molto eleganti, ma anche con la consapevolezza che questa zona regala perle uniche a livello paesaggistico, come questo borgo che riporta alla pace, alla tranquillità e alla voglia di bere un bel bicchiere di Chianti.