Caduta e Rinascita dei vini Laziali

Malgrado l’ingombrante presenza della capitale fagociti tutto l’interesse su di sé, da sempre il Lazio è una delle regioni italiane potenzialmente più vocate alla viticoltura. Non a caso il suo territorio è caratterizzato da aree collinari, fitte zone boschive, dal mare e infine, non meno importante, da una vasta zona di vulcani spenti che rendono questo territorio molto fertile per tale attività agricola.

Vini Laziali
Vini Laziali : Mosaico Antico

Gli antichi romani avevano intuito la particolare predisposizione di questi terreni alla produzione vitivinicola, tanto da diffondere in tutta Italia e oltre confine le tecniche di coltivazione e quella che veniva definita l’uva pantastica dell’imperatore e che oggi, a seconda della zona di produzione, prende il nome di Bellone, Cacchione, Bombino Bianco, Pagadebit e infine Uva Pane.  

Fatta questa doverosa premessa storica, la domanda che ci si pone è perché una regione come il Lazio, culturalmente e storicamente vocata alla viticoltura, stenti a ottenere il giusto riconoscimento all’interno dell’enologia italiana. Proviamo a capire……       

Vini Laziali: Le Ragioni della crisi e la forza di rinascere

L’avvento delle nuove tecniche enologiche portò a una crescente diffusione dei vini fino agli anni 60/70, tanto che la produzione dei vini laziali era la sola ad avere un mercato estero, soprattutto americano. Tale aumento della richiesta di vino (specialmente dalla capitale) portò le aziende laziali a privilegiare una produzione di quantità piuttosto che di qualità con conseguente sfruttamento eccessivo del territorio (rese altissime, sistemi di allevamento a Tendone) al fine di immettere sul mercato bottiglie a prezzi sempre più bassi. I viticoltori laziali, inoltre, si sono dimostrati nel tempo poco inclini alla comunicazione e alla promozione dei loro prodotti rispetto ai colleghi di altre regioni. Gli operatori della ristorazione da parte loro, pur avendo beneficiato dei ricarichi effettuati su bottiglie acquistate a prezzi molto vantaggiosi, finirono per rivolgersi ad aziende extraregionali alla ricerca di un prodotto di maggiore qualità. Tutto questo non ha contribuito al diffondersi di una cultura e una consapevolezza delle potenzialità dei vini regionali in abbinamento alla cucina locale.

Nel frattempo, nel corso degli anni ‘80, regioni come la Toscana, il Piemonte, il Friuli, il Veneto e la Campania già investivano in nuove tecnologie (come i tini di acciaio per la fermentazione a temperatura controllata, le presse pneumatiche di ultima generazione) e adottavano quelle tecniche oggi ritenute indispensabili per produrre nel perimetro della qualità. Alla fine del decennio, però, lo “scandalo del vino al metanolo” resettò il mondo del vino a causa delle sue tragiche conseguenze. Le eccedenze produttive degli anni ‘70 costrinsero il legislatore Europeo a prendere i provvedimenti che portarono a una notevole riduzione della superficie vitata lungo quattro decenni. Per comprendere tale cambiamento, si consideri che negli ultimi trent’anni nel Lazio si è passati da 50.000 ettari ai circa 20.000 ettari attuali. 

A partire dagli anni ‘90 (post metanolo) si assiste a un cambio di rotta per i vini laziali, soprattutto per la determinazione di diversi produttori di valorizzare il territorio e riscoprire vitigni autoctoni come Nero Buono, il Bellone (o “Uva pane” per la sua buccia molto sottile), l’”Ottonese”, il “Moscato di Terracina”, “la Biancolella di Ponza” e le varie “Malvasie” che con il tempo stavano scomparendo. 

Sempre in questo periodo, grazie alla lungimiranza di Antonio Santarelli e la collaborazione dell’enologo Paolo Tiefenthaler si gettano le premesse per quella che dopo un decennio o poco più diventerà una delle Aziende più affermate del Lazio “Casale Del Giglio”,  seguita da altre che segnano un solco con il passato e si proiettano verso un percorso di qualità: “Castel de Paolis”, “Mottura”, “Pallavicini” e “Colle Picchioni”. 

Vini Laziali: la situazione attuale

L’attenzione per una viticoltura più responsabile e attenta alle basse rese e a quegli accorgimenti volti a ottenere standard qualitativi più elevati sta diventando il mantra di un crescente numero di realtà produttrici, indipendentemente dalla loro dimensione. Oggi infatti anche le grandi aziende cercano di convertirsi al concetto di qualità, creando linee ad hoc che rispettino proprio gli accorgimenti precedentemente menzionati. Tante sono le eccellenze enogastronomiche laziali protette da un’antica cultura contadina che spesso sembra volerle celare all’occhio indiscreto della massa. In ambito enologico si sta però affacciando una visione più moderna di questo settore e i giovani produttori mostrano un’idea di vino legata alle nuove tecniche, coniugate alle tradizioni e alla cultura territoriale.

Vini Laziali
Vini Laziali: Visita in Cantina

Oggi nel Lazio la maggior parte delle aziende vinicole è di piccole dimensioni e questo può rappresentare un problema soprattutto per farle emergere a livello comunicativo. I consorzi delle varie Denominazioni e la costituzione delle “Strade del Vino” in tutte le province hanno avuto il merito di promuovere e far conoscere tali piccole ma pregiate realtà, anche se c’è ancora molto da fare.

Vini Laziali DOCG e DOC

La regione Lazio conta 3 DOCG e 27 DOC nelle sue cinque province, nell’ambito di un territorio estremamente eterogeneo.
La provincia di Roma si distingue per la sua vulcanica mineralità, il clima temperato e la presenza di laghi (Colli Albani e Castelli Romani) e vi troviamo le DOCG Frascati Superiore e Cannellino.
Nella provincia di Frosinone, grazie ai terreni rossi e al clima ventilato, troviamo l’altra DOCG Cesanese del Piglio e la Passerina del Frusinate.
Nella provincia di Latina gli unici vitigni autoctoni sono il Nero Buono di Cori e il Moscato di Terracina e su un terreno di origine argillosa vulcanica con un clima mediterraneo (inverni piovosi ed estati secche) trovano il loro habitat migliore i vitigni internazionali: Merlot, Cabernet Franc, Syrah, Petit Verdot e Chardonnay.
Nella Provincia di Rieti, in un territorio pianeggiante e collinare adeguatamente ventilato, troviamo la denominazione “Colli della Sabina DOC” che segue le rive del fiume Tevere fino ai Monti Sabini.
La Provincia di Viterbo è ricca di terreni di origine vulcanica e tufacea che esaltano i vini della Denominazione “EST!EST!!EST!! di Montefiascone”, mentre la presenza del Lago di Bolsena influisce sulle viti dell’altra famosa Denominazione “Aleatico di Gradoli”.
La poco conosciuta grande varietà territoriale di questa regione, che nasconde delle vere e proprie perle enoiche, deve farci riflettere sull’importanza della comunicazione al giorno d’oggi. Non basta fare un prodotto di grande eccellenza se non si riesce a promuoverlo e i giovani produttori di oggi hanno fatto propria questa lezione e negli ultimi anni propongono in modo nuovo queste eccellenze al grande pubblico.


Vini Laziali – La Degustazione

Per la degustazione ho scelto, tra le diverse ottime realtà, due produttori che nel corso di questi anni si sono distinti in termini di qualità: Damiano Ciolli e Sergio Mottura.

Damiano Ciolli e il suo Cesanese
Vini Laziali
Vini Laziali: Cantina Damiano Ciolli

Questa azienda si trova ad Olevano Romano, borgo medievale ai piedi del monte Celeste, nell’estrema provincia di Roma quasi al confine con la provincia di Frosinone. L’azienda conta 5 ettari vitati prevalentemente a Cesanese, situati in una conca riparata dalle colline con clima temperato, dove si alternano estati soleggiate e inverni piovosi, con una particolare brezza marina che si incanala tra le colline e proveniente dal vicino Mar Tirreno. Il terreno è di origine vulcanica e di color rosso. Nel 2001 Damiano rileva l’azienda di famiglia e si capisce subito qual’é la direzione che prenderà: il suo obiettivo è dimostrare che dal cesanese si può ottenere un vino elegante, di grande struttura e che rappresenti al meglio il territorio. A tale proposito, avvalendosi della competenza dell’enologa e compagna di vita Letizia Rocchi, inizia un percorso fatto di sovesci, diradamenti, prodotti biodinamici e biologici, fermentazioni spontanee senza aggiunte di additivi e un’attenzione maniacale per le attività in vigna.
Nell’arco di pochi anni arriva il “Cirsium”, proveniente da una selezione aziendale di un vigneto di un ettaro del 1953 coltivato a Cesanese di Affile. Raccolta manuale, fermentazione spontanea in cemento, macerazione di due settimane, riposo sui suoi depositi per un anno in botte grande. Successivamente fa altri 12 mesi di invecchiamento in cemento e l’ultimo anno si affina in bottiglia prima di essere messo in commercio. Questo vino diventa in poco tempo una delle massime espressioni di Cesanese tanto da essere considerato da alcuni un piccolo Borgogna……. provare per credere!

Cirsium 2013:

  • Alla Visiva: Rosso rubino con evidenti sfumature granato.
  • Alla Olfattiva: Ampio, con sentori che spaziano dal floreale di violetta, alla frutta rossa matura, amarena e confettura per passare a qualche leggera nota speziata di pepe, erbette aromatiche e finire con note di tabacco e liquirizia.
  • Alla Gustativa: In bocca è deciso ma mantiene una grande eleganza supportata da tannini morbidissimi, finale decisamente persistente.

Link Sito Damiano Ciolli

Sergio Mottura

(Tratto Dall’Articolo Di Lea Verrino Su Questo Blog)

Questa cantina in provincia di Viterbo conta 36 ettari vitati all’interno di una tenuta di 130 ettari complessivi, in un contesto naturalistico estremamente vocato alla viticoltura. La tenuta si estende infatti dai calanchi argillosi di Civitella d’Agliano (vedi Figura) alla pianura umbra bagnata dal Tevere a est. Intorno agli anni ‘30 la famiglia Mottura acquista la tenuta e negli anni ‘60 con il passaggio dalla mezzadria alla coltivazione diretta, Sergio Mottura prende in mano l’azienda e subito si dedica alla ricerca dei vitigni più adatti a questo territorio.

Vini Laziali
Vini Laziali: I Calanchi

In questa zona la vite si coltiva fin dai tempi degli etruschi ed è grazie a questa semplice constatazione che Sergio preferisce vitigni indigeni (procanico, verdello, grechetto, drupeggio), selezionando i cloni più adatti alla vinificazione. Con il passare del tempo la selezione naturale privilegia quelle specie che meglio contrastano gli agenti patogeni del posto, agevolando così un più facile allevamento in condizioni naturali. 

La scelta dell’istrice come simbolo dei vini prodotti dice molto della filosofia di questa azienda: un animale dai gusti raffinati che vive esclusivamente in luoghi dove c’è un equilibrio ecologico è immagine di un processo di vinificazione effettuato senza interventi chimici e uso esclusivo di fertilizzanti completamente naturali.

Latour a Civitella IGT:

Prima di parlare di annate e sentori di questo Grechetto, è doveroso accennare all’aneddoto sull’origine del nome di questo vino che ci ha raccontato Giuseppe durante la nostra visita.

Caduta e Rinascita dei vini Laziali

Nel 1993 Sergio Mottura e un gruppo di produttori provenienti da ogni parte del mondo si recarono in Germania per festeggiare il compleanno di Robert Mondavi, enologo americano che portò alla ribalta i vini californiani della Napa Valley. In quell’occasione Louis Fabrice Latour, produttore della Borgogna, assaggiando un Poggio della Costa del 1992 di Mottura, si complimentò con lui e gli chiese perché non avesse provato un affinamento in legno. Sergio spiegò che le prove fatte non avevano portato a grandi risultati e quindi Latour gli offrì delle barriques di produzione propria da utilizzare per l’affinamento di vini bianchi….

Inutile dire che l’esperimento andò a buon fine e portò l’anno successivo alla nascita del primo “Latour A Civitella”.

Assaggiamo le annate 2019, 2015 e 2002 100% Grechetto che maturano 9 mesi in barriques e 6 mesi in acciaio per poi concludere il loro affinamento in bottiglia.

  • Alla Visiva: colore giallo intenso, tendente al dorato, già dorato per la 2002.
  • Alla Olfattiva: al naso è complesso, elegante, con sentori di frutta bianca e burro fuso e nocciola.
  • Alla Gustativa: in bocca è morbido e fresco con un finale di vaniglia, di corpo soprattutto le ultime due annate la 2015 e la 2002.

Link sito Sergio Mottura

Link Articolo Apiedefranco Sergio Mottura

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